Pensioni, il “dettaglio” della legge Fornero che nessuno ti ha spiegato: rischiamo di lavorare a vita

Economia

By Samanta Airoldi

Sei sicuro di conoscere a fondo la legge Fornero? C’è un particolare che quasi nessuno conosce e che rischia di incastrarci a lavoro a vita.

Come tutti ben sappiamo la legge Fornero è entrata in vigore nel 2012 e, da quel momento, l’universo delle pensioni è cambiato parecchio. Fino ad allora molti riuscivano anche ad uscire dal lavoro intorno ai 55-60 anni: oggi è quasi impossibile a meno di non aver maturato quasi 43 anni di contributi.

l'ex ministro elsa fornero
Pensioni, il “dettaglio” della legge Fornero che nessuno ti ha spiegato: rischiamo di lavorare a vita -(foto Ansa)- Buongiorno.it

La legge Fornero – che ha preso il nome dalla sua prima firmataria, l’ex ministro Elsa Fornero – ha stabilito che per andare in pensione sia necessario soddisfare sia un requisito anagrafico che un requisito contributivo. Per dirla in parole semplici: oggi per andare in pensione occorre avere almeno 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi altrimenti l’assegno Inps ce lo sogniamo.

Le misure di pensione anticipata non mancano ma o si rivolgono a categorie specifiche – come Ape sociale, Opzione donna e Quota 41 – oppure chiedono di aver maturato moltissimi anni di contributi: addirittura più di 40. Il peggio, però, non è questo. A causa di un “dettaglio” della Legge Fornero, dettaglio che quasi nessuno conosce, nei prossimi anni rischiamo di non poter accedere alla pensione nemmeno a 67 anni ma di dover lavorare a vita o quasi.

Legge Fornero: ecco chi rischia di dover lavorare a vita

La legge Fornero, entrata in vigore nell’ormai lontano 2012, ha cambiato in modo radicale il mondo delle pensioni. Ma il peggio non è dover restare a lavorare fino a 67 anni: il peggio è che molti non potranno smettere di lavorare nemmeno a 67 anni a causa di un “dettaglio” poco noto. Se a 100 persone chiedessimo in cosa consiste la legge Fornero, almeno 90 risponderebbero che, le regole della legge Fornero sono due: avere almeno 67 anni e avere almeno 20 anni di contributi. Solo chi soddisfa entrambi i requisiti può uscire dal lavoro e ricevere il tanto sospirato assegno Inps.

Sbagliato! C’è un terzo requisito da soddisfare: aver maturato un assegno pensionistico pari almeno all’importo dell’assegno sociale. L’assegno sociale cambia ogni anno in quanto anch’esso, come le pensioni, è soggetto alla rivalutazione. Nel 2025 corrisponde a 538,69 euro al mese. Si presume che, negli anni futuri, aumenterà progressivamente. Magari di poco ma aumenterà.

ragazza disperata che urla
Legge Fornero: ecco chi rischia di dover lavorare a vita/Buongiorno.it

Di conseguenza, nei prossimi anni, se non aumenteranno gli stipendi, con il metodo di calcolo delle pensioni contributivo, sarà sempre più difficile raggiungere tale importo. Il metodo contributivo, infatti, calcola le pensioni basandosi sui contributi versati ma il valore dei contributi dipende dal nostro stipendio. In poche parole: un lavoratore dipendente versa ogni mese all’Inps il 33% del suo stipendio. Il valore del 33% di 1000 euro è molto diverso del valore del 33% di 3000 euro.

Se gli stipendi non aumentano ma, nel frattempo, l’importo dell’assegno sociale, per effetto della rivalutazione annua, continuerà ad aumentare, il risultato sarà che coloro che hanno stipendi bassi non raggiungeranno la soglia minima richiesta dalla legge Fornero per poter andare in pensione a 67 anni e, di conseguenza, dovranno lavorare ancora. Per tutta la vita? Fortunatamente no: arrivati a 71 anni questa regole decade. A quel punto si può accedere alla pensione a prescindere dall’importo maturato.

Gestione cookie